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Data: 12 Aprile 2014

Nome grotta: Ponor polne lune

Località: Bainsizza (Slo)

Partecipanti: Kraft, Davide, Alessandro, Ohm

 

 

 

Ohm

Cosa vuole dire prima della grotta?

Davide

Semo cagai.

Ale (intento a mangiar cioccolato)

La barretta è buona.

Kraft

Speremo che no piovi.

Ohm

Speremo de no incastrarse…

 

11.00

 

Ohm:

Queste le frasi, i contenuti della breve chiacchierata appena arrivati sul posto; dopo un check-in di funzionamento apparecchiature di registrazione, ci prepariamo per la ricerca dell’ingresso che, anche questa volta, non è stato di facile ed immediato ritrovamento.

Dopo alcuni personali problemi a proseguire appena due metri dopo l’accesso, di cui mi venne illustrata la contorta e “orizzontale” posizione di avanzamento, già mi resi conto di quanto sia scomoda la lampada a carburo.

Arrivati a una strettoia che per descriverla posso prendere, come esempio, il balconcino sulla quale Giulietta chiamava il suo Romeo, dove la manovra da eseguire era scendere dritti e posizionarsi con il viso DINanzi alla finestra, mi ritrovai leggermente perplesso sul come proseguire ma, con un po` di inventiva, fu facile comprendere che per proseguire dovevo infilarmi nell`apertura con la testa , scendendo di poco meno di due metri a testa in giù.

 

Tuttavia, arrivato alla finestra e un momento prima di infilarmi, Davide si girò a controllare le mie azioni da Gamel e si rese conto che quella che sembrava una biforcazione della mia fiamma, già vista precedentemente con la coda dell’occhio, era invece una fuoriuscita di gas prima dell`ugello. Essendo tale uscita sul tubo in gomma, stava fondendo il tubo (Leo: ecco spiegato perché mi stavo intossicando lì sopra). Spegniamo tutto e proseguo con la lampada a LED del caschetto, la carburo sarebbe stata rimessa in funzione appena scesi dalla finestra grazie al coltello di Davide.

 

“Che sfiga!”, pensai credendo di aver pagato il mio debito giornaliero alla malasorte, ma appena arrivati a una discesa in diagonale su di una parete liscia, nel mettere la mia telecamera all`interno della tuta prima di iniziare a scendere, mi scivolò via la lampada di Kraft accompagnata, in sottofondo, da un bel “MERDA!” seguito da un rumore non molto gradevole dalla lampada. Fortunatamente non cadde in nessun punto inaccessibile e tantomeno si ruppe qualche collegamento, ma solo il plexiglass di protezione (ora che ci penso, devo ancora ripagarglielo).

Dato che Kraft era andato più avanti, non sentì l’accaduto e fui, in primo avviso, salvo; anche se, nel riferirglielo, non sapevo che aspettarmi.

 

In quel momento, la carburo decise nuovamente di prendere fuoco, fu spenta repentinamente e lasciata lì in attesa del nostro ritorno proseguendo con il piccolo LED sul caschetto.

 

 

13.30

 

 (Davide: meno male che le grotte non si lamentano)

 

 

Ohm:

Fa un attimo luce che guardo quanto xe profondocaduta.borsa

Davide:

Un po’

Ohm:

Noo, non tanto

Davide:

QB, quel che serve per farti male

Ohm:

Assolutamente, almeno c`è un po’ d`acqua sul fondo…


Ohm:

Ho come l’impressione che stia sbagliando qualcosa (guardando il discensore)

Davide:

Infatti…

Ohm

Ah, ecco, l’ho messo al contrario…

Oh, presto è Pasqua, hai preso i cioccolatini per gli amici?

Davide:

Amici? Io non ho amici, io ho solo compagni di disavventure…


Un discensore di vecchio tipo, ove la corda esegue un “otto” e passa nel rinvio, scivola nella mano destra diminuendo la velocità di discesa all`aumento dell`angolo sul rinvio, fino a fermarsi completamente. Ulteriormente, la mano sinistra stringe sul discensore per fermare il tutto.

Un discensore autobloccante possiede, al posto del disco inferiore, un semidisco che si richiude, sulla sinistra, con un angolo retto. Lasciando il tutto, il semidisco (capace di ruotare) blocca la corda e, tramite un leva collegata sul semidisco, è possibile sbloccare nuovamente e regolare la discesa. Non serve quindi rinvio e si ha la mano destra completamente libera per tenersi, eventualmente, sulla parete. Comodo, utile, sicuro…

 

Prendiamo una situazione come puro esempio ponendo delle premesse:

-normale discesa (indifferente se parete o sul vuoto)

-leggera stanchezza

-normale inesperienza (non di grottista, ma di incidenti)

 

La regolazione della velocità non è così facile come sembra, infatti si può dire che è come regolare la temperatura dell`acqua nella doccia: un millimetro di troppo e vai giù troppo in fretta, un millimetro di meno e ti inchiodi con i ringraziamenti da parte dei tuoi inguini.

 

Capita che si stringa troppo, si scende velocemente e per troppo tempo (anche un solo, singolo secondo è troppo), si ha la sensazione di cadere e, per naturale istinto di sopravvivenza, vi aggrappate, letteralmente, all`unica cosa che può frenare la caduta: la corda, o per lo meno quel che si ha da tramite e sicuramente più vicino a se: il discensore…

 

Questo mi capitò; e non ero con un discensore “classico”, ma con uno autobloccante. Una settimana prima di quel tedesco che si fece un volo di una decina di metri per lo stesso motivo, facendosi fuori la mano per salvarsi la pelle, io feci un volo di cinque metri, troppi per non farsi nulla e troppo pochi per poter reagire coscientemente. Anche che il piano precedente di aggrapparsi era fallito (solo poi mi resi conto che era stata la vera causa della mia repentina discesa).

Mi feci tutto il volo urlando. Fortunatamente, le gambe si posizionarono automaticamente per attutire l`inevitabile, e prossimo, impatto a terra. Sentii due tonfi: il primo sui piedi perché ero impattato sul fondo, il secondo sotto il mio culo all`impatto con l`acqua, appena 50~60cm al di sopra del fondale. Fui molto fortunato nel prendermi solo una botta sul tallone già dolorante ma, tra Davide affacciatosi da sopra e Leo ritornato indietro in fretta, ero quello “più tranquillo” nell`urlare “sto bene, sto bene“. Pure Kraft, sotto il pozzo successivo, chiese chiarimenti dell`accaduto, ma fu subito tranquillizzato.

 

<Bon, ma siete usciti quindi, per esser sicuri che fosse tutto a posto>

 

Macchè, il dolore al tallone era già passato e mi sentivo bene, preoccupato, ma bene. Iniziai ad utilizzare il rinvio sempre (a differenza di prima, che ogni tanto lo mollavo dato che non era strettamente necessario, per pura sicurezza) e continuammo la discesa. Arrivati alla fine dei pozzi, posi una domanda per pura curiosità: “chi ha scelto la grotta?”

Mi salì un brivido nel sapere che era stata una scelta eseguita dalla “sottiletta umana”.

 

 

Mentre il caro Kraft pesa appena 57kg con uno spessore che lo rende idoneo alla professione di strettoista, io con i miei 105kg e con uno spessore non indifferente, sono idoneo alla professione di “tappo delle caverne”.

Mi affiancai a lui per avere buoni consigli, e per il proseguimento attraverso un laminatoio lungo forse un metro, un metro e mezzo. Ritenendo di non passare come nella grotta precedente, ma essendo una strettoia orizzontale (e non verticale come nella Roupa Jama), mi spogliai dei metalli di salita e discesa, delle sacche e del casco (non riuscivo a ruotare la testa) e, grazie ai suoi consigli, centimetro dopo centimetro passai “tranquillo”.

 

 

Ricordando che sono un Gamel con appena una grotta alle spalle dopo il corso, avevo fatto delle misure erronee delle Longe, soprattutto quella lunga che era “troppo” lunga e i “bastardi” se ne erano resi conto tendendomi una trappola alla tirolese più avanti. “Facciamo una foto”, mi dissero, e mi puntarono addosso il faro di Kraft ed illumindomi per benino. La mia lucettina non illuminava abbastanza per farmi vedere dove andavo. “Vai sicuro”, dicevano. Mentre ero agganciato e pronto a partire e mi ritrovai a scendere di un buon metro a causa del mio peso sulla tirolese, finendo in acqua fino al petto a gambe rannicchiate sul busto: mi feci un bel bidét.

 

 

Più avanti la situazione divenne più larga e comoda. Si presentò solo la necessità, ogni tanto, di mettere i piedi in acqua, a parte qualche idrofobo (come Leo), che si appoggiava ai bordi del fiume come un ragnetto, capacitato anche perché riposato a causa della mia lentezza, infatti mi aspettava ogni volta “amorevolmente” con uno sguardo da scoglionato e di puro odio, specialmente alla seconda tirolese durante il ritorno. Proprio quella tirolese che saliva fino a una piccola colonna su di una sporgenza a lato e poi scendeva fino alla fine. Passava proprio sopra un ramo del fiume. L`andata non fu un grosso problema.

 

 

 

16.30DSCN6653

 

Arrivati a -200, ci rendemmo conto che eran passate troppe ore ed eravamo appena a 1/3 del ramo attivo (sono lentino eh?).

Tornando indietro, iniziammo a pensare di non riuscire a tornare entro la giornata (soprattutto qualcuno), ma mi feci forza per pompar su svelto sui futuri pozzi per evitare che i miei compagni prendano troppo freddo.

 

Ecco la seconda tirolese, quella con la colonna in mezzo: un vero dilemma fu capire come passare il frazionamento. Dapprima tentai di guadare il fiume ma mi ritrovai bloccato da un muro di due metri a un passo dalla meta (entrai in acqua fino al bacino per nulla). Tentai poi la risalita tramite quel frazionamento che riuscii a passare solo dopo diversi tentativi e appoggiandomi sulla sporgenza della colonna. Ho creduto, per un momento, che Leo era pronto a incenerirmi con quel, sempre amorevole, sguardo.

 

Pit-stop, ci anticipò Davide per preparare la merenda: bombardino con panna per sentirci a casa, té caldo per invigorirci e cibi varii per ripristinare le energie.

 

Risalita dopo risalita, pozzo dopo pozzo, arrivammo a una quindicina di metri dall’uscita e mi ritrovai nella posizione di Romeo ad ammirare la bella faccia da culo di Kraft in risalita che saliva tranquillo con la pancia sulla roccia e a testa in su. Appena entrato nella finestra, si ruotò senza problemi e proseguì tranquillo.

Tocca a me!” pensai e, imitandolo, risalii appoggiandomi alla roccia ma, arrivato alla finestra, la mia schiena non fu abbastanza flessibile per continuare la risalita.

Provai a risalire con la schiena sulla roccia, ma arrivato sulla finestra non trovai appigli per proseguire. Ritornai giù e iniziammo a passare i sacchi per prender tempo e pensare il come procedere. Sotto consiglio di Leo e Davide mi spogliai di tutto meno della tuta (non ricordo se mi tolsi anche  il casco). Riprovai come Kraft: con la pancia sulla roccia…

 

Sono enorme, come speri di passare?

Come sei sceso così risalirai!

Non mi riesco a girare, non trovo appigli!

Stai calmo che se ti agiti diventi il doppi…

Ma se mi blocco Leo e Davide non escono

Appunto, muovi il culo e insisti!

 

Questi, più o meno, i pensieri che mi passarono per la testa in quegli attimi. Momenti di panico soffocati dalla ragione, ero riuscito ad attraversare per intero la finestra ma, essendo ruotato dalla parte opposta, non trovai appigli buoni sui piedi e nessuno sulle mani.

Tutto a un tratto sentii le spalle di Davide sotto i piedi che mi diedero l’appiglio mancante, Kraft mi porse le mani e Leo, non so da dove infilò, riusciva a vedermi a sufficienza per consigliarmi come posizionarmi sulla roccia.

Mezz`ora, che sembrò lunga il doppio. Disperazione perché sentivo che ero a un punto i non ritorno (sentivo la roccia bloccarmi la discesa come la carne perforata dall’aculeo di un’ape che entra ma non esce). Tra sotto che spingevano, sopra che tiravano e con minuti movimenti, sono finalmente oltre la strettoia, chiedo permesso per proseguire a veder la luce e, a pochi metri dall’uscita, scopro il significato del nome affidato alla grotta: “L’inghiottitoio della luna piena”, dato che gli ultimi metri erano composti da un inghiottitoio diagonale che collimava perfettamente con la luna piena che c’era quella notte.

 

22:50

 

Ohm