È un abisso praticamente sul limitare della città, inserito all’interno dell’area abbandonata della Cava Faccanoni. Grazie alle preziosi indicazioni ottenute da chi ci è stato e ha perso parecchio tempo per individuare l’ingresso, un caldo sabato di luglio ci avventuriamo in questo abisso visitato non molto frequentemente dalla AXXXO. Il 25 luglio ci accompagnano come sempre i due bei sacchi con le corde da 120 metri, quelli che appesi al portasacco ti fanno scendere i pozzi alla velocità della luce, quelli che ogni volta che devi risalire un pozzo ti fanno pensare “ma non potevo andare al mare come tutti”, quelli che dovrebbero essere messi fuorilegge, ma che tuttavia sembrano essere parte essenziale delle nostre uscite in questa estate particolare.
All’ingresso scopriamo che la grotta è già tutta armata, ma visto che abbiamo portato tutto quel bel peso decidiamo di usare comunque le nostre corde. L’accesso è suggestivo perchè è necessario salire, tramite una scaletta, un paio di metri lungo la parete di roccia della cava per poi accedere ad una fessura meandriforme che dà sul primo pozzo. Un saccone a testa, come sempre Luca all’armo, e via incominciamo la discesa: come da premessa, il peso aggiuntivo dei sacconi consente alla corda di scorrere agevolmente nel discensore… forse anche un po’ troppo per i miei gusti. Superato il primo pozzo, un basso cunicolo consente di accedere al secondo imponente pozzo interno profondo più di sessanta metri e dalle pareti chiare e levigate dall’azione dell’acqua: è a circa metà di questo pozzone che è necessario spostarsi sulla parete opposta tramite un pendolo non troppo marcato, ma che porta ad un frazionamento che poggia su un armo naturale da trattare con “cautela” perchè altrimenti la corda potrebbe uscire dalla sua posizione. Sarà questo passaggio uno dei tanti ricordi che porterò con me di questi primi anni di speleologia assieme alla passaggio del nodo di giunzione delle due corde affrontato appeso come un salame proprio in mezzo al pozzone.
Il resto della discesa prosegue senza intoppi fino al fondo (-150m) o meglio fino al telo posato nel corso delle campagne esplorative che negli anni passati hanno portato alla scoperta di ulteriori proseguimenti ricchi di argilla che però decidiamo di non affrontare in questa uscita.
Per evitare di dover trascinare i pesanti sacchi anche in salita, decidiamo di recuperare la corda man mano che proseguiamo nella risalita verso la superficie. Non è un’attività propriamente leggera, ma l’idea di affrontare i pozzi con appesi all’imbrago i sacconi in cui spingere via via le corde non piaceva nè a Luca nè tanto meno a me. Del resto, in questa maniera è possibile accompagnare il recupero delle corde con piacevoli chiacchere invece che con sonore imprecazioni e l’allungamento dei tempi è lo scotto che paghiamo ben volentieri.
Una volta giunti all’esterno rimane ancora da riporre le corde nei sacchi, attività che come sempre avviene mediante l’utilizzo di sapienti e ben assestati calci e un bel po’ di educati incitamenti.
Splendida uscita estiva in una grotta sicuramente particolare.
Paolo R.