“Chi ga la pignata?” (Trad. “Chi ha la pentola?”): è questa la domanda che ha deciso l’ordine di discesa nell’abisso di Gabrovizza, la grotta visitata sabato 29 gennaio 2020 dal gruppetto formato da Luca, Paolo Z., Romina, Stefano e Paolo R.. Infatti, il portatore della pentola doveva essere fra i primi ad arrivare sul fondo in modo da poter preparare il pranzo.
Rimango sempre stupito da come piccoli ingressi, a imbuto in questo caso, diano accesso ad ambienti piuttosto grandi e profondi come succede per questo abisso, situato a 3 minuti dalla strada percorrendo un facile sentiero in un ambiente tipicamente carsico. E per fortuna che la strada da percorrere è breve perchè, oltre alle vettovaglie e al necessario per cucinare, portiamo con noi due sacchi belli pieni con 120+120 metri di corda, sovrabbondanti rispetto alle misure del rilievo, ma vogliamo andar sul sicuro ed essere certi di arrivare sul fondo senza problemi.
La discesa scorre senza intoppi, del resto è una tipica meta dei corsi di introduzione alla speleologia, armata come sempre da Luca che, conscio della differenza di altezza dei membri del gruppo (io sono alto quasi un metro e novanta, ma non tutti hanno lo stesso stacco di coscia… vero Romina?) provvede ad adattare di conseguenza l’ampiezza delle anse. E’ una grotta particolarmente bella, con numerose concrezioni calcitiche (stupenda la colonna di media circoferenza che si può ammirare poco dopo l’ingresso) a tratti scintillanti e pozzi di varia profondità che ne complicano la morfologia.
Sul fondo ecco spuntare la padella e il fornelletto che abbiamo portato nei sacchi personali , necessari per poter scaldare il salame all’aceto con cipolla e polenta abbrustolita, pietanze che reintegrano ampiamente le calorie spese nella discesa. E pensare che prima del salame qualcuno si era pure divorato un enorme panino millantando un languorino che non gli consentiva di proseguire.
Dopo il lauto pranzo, che veniva accompagnato con the alla menta (si può tranquillamente dire che il problema dell’abbinamento cibo/bevande non è mai una priorità per il gruppo) incominciamo la risalita che risulta fin da subito rallentata dal pasto non propriamente light, ma soprattutto per chi, come il sottoscritto, si ritrova a portare su il sacco con la prima delle due corde per niente leggera.
Comunque il peso extra contribuisce ad una bella sudata con cui smaltisco lo “spuntino” del fondo e mi tiene compagnia fino all’uscita, che raggiungiamo nel primo pomeriggio.
Ultima uscita prima del lockdown a causa della pandemia che ravviva ricordi ancor più piacevoli dovuti alla forzata inattività.
Paolo R.