È praticamente da quando ho finito il corso sezionale di introduzione alla speleologia svolto nel 2019 che una grotta ritorna periodicamente in cima ai miei pensieri: la grotta Omar. E questo perchè al ritorno dalla grotta Lindner, la prima in assoluto da me visitata durante il corso, sono rimasto affascinato dalla piccola botola che chiude l’ingresso della Omar che si trova poco distante.
L’uggioso 25 gennaio 2020 ci ritroviamo ad Opicina diretti alla nostra meta in prossimità del paese di San Pelagio. Siamo in 5, Luca, Teresa, Romina, Stefano e il sottoscritto che a metà mattina giungiamo alla botola di ingresso. Tramite una scaletta in ferro scendiamo nel primo stretto vano da cui si sviluppa la grotta vera e propria. Sono i ragni a tenerci compagnia, belli grossi, anzi qualcuno li ha definiti “grossi come topi”, che nidificano in questo piccolo ambiente buio ed umido. Superato l’innato senso di inquitudine che questi aracnidi fanno sorgere in qualcuno di noi, vengono allestite due campate attraverso una stretta fessura da percorrere semi-distesi e dove lo spazio è sí sufficiente per i nostri corpi, ma non per i sacchi che fino al quel momento portavamo sulla schiena come fossero degli zaini. L’angusto passaggio sfocia sul primo pozzo che porta ad un vano molto ampio con concrezioni. Il percorso prosegue con l’attraversamento di un traverso sul vuoto che è possibile superare utilizzando dei pioli in acciaio infissi nella parete: essendo le pareti molto umide per il continuo stillicidio, questi pioli rotondi diventano scivolosi e rendono la nostra progressione molto cauta e con qualche scarica di adrenalina.
Superato il passaggio assistito, un’altra fessura ci fa accedere al secondo pozzo che ci porta a un declivio concrezionato e al successivo ballotio da dove con una breve calata nel vuoto si giunge sul fondo della grotta. Lì giunti, sollevando lo sguardo, notiamo che il declivio concrezionato in realtà costituisce la volta dell’ultima caverna del fondo. La breve perlustrazione della zona ci porta ad ammirare una stalagmite enorme che si erge maestosa da parecchie migliaia di anni. Convinti di aver completato il giro, ci accomodiamo per la pausa ristoratrice a base di presnitz casereccio, infuso ai frutti di bosco e… l’immacabile börek  al formaggio. 
Ultimo giro attorno all’enorme stalagtite per le foto di rito e ci apprestiamo ad affrontare la risalita, quando Luca intravede uno stretto passaggio nella parete che sembra proseguire in un altro ambiente. Proprio nel centro del pertugio, una stalagmite costringe chi, come me, ha le gambe lunghe a qualche contorsionismo fuori programma per superare indenne l’ostacolo e arrivare dall’altra parte, dove si apre una saletta non ampia, ma riccamente concrezionata.
È ormai tempo di riprendere la via del ritorno che procede senza intoppi fino alla stretta saletta d’accesso dove ci sinceriamo della salute dei numerosi ragni apparentemente non turbati dalla nostra presenza (cosa che invece non vale per tutti noi).
E così a nemmeno un anno dall’inizio della mia avventura speleologica, una delle mete della mia personale lista delle grotte da visitare è stata raggiunta e devo dire che ne è valsa la pena.
Grazie ai compagni di escursione!