Sollecitata da Radi.. ecco un resoconto del corso di tecnica speleologica in quel del Carso Triestino, a cui abbiamo partecipato io e il Corsini. Potrei riassumere tutto in: “figo, fatelo!”.

Ho atteso il momento “giusto” per arrivare con più competenze possibile, ma non così cementate nell’abitudine da non poterle più modificare, studiandomi bene nodi e manovre dell’MTO e andando ad armare autonomamente grotte che non conoscevo, come mero esercizio. E’ il percorso che consiglio a tutti, per sfruttare al meglio la settimana di full img_2149immersion con gli istruttori: andare lì troppo presto, dopo aver armato giusto le grotte di casa, si riduce al farsi spiegare cose che i nostri istruttori di “casa” possono insegnarci tranquillamente, mentre al tecnico hai l’opportunità di affinare, chiedere, sentire le diverse interpretazioni e acquisire molte più tecniche e qualche trucco in più. E confrontarti con gli altri corsisti, con i quali cementi delle amicizie speciali.

Le grotte: due corsisti con uno/due istruttori, due vie. Scendi e fai. Se fai cappelle, l’istruttore ti lascia fare, finché sei in sicurezza, per poi ragionarci insieme. Può anche dirti ” Per ogni armo fai un nodo diverso”, oppure ragionare con te per dieci minuti su come migliorare un attacco, un devio, una gassa. Ti apre la testa, inizi a vedere la grotta attraversata da linee logiche di progressione, “vedi” dove piantare i fix nei luoghi migliori.
Poi torni all’ostello e parli di grotte, di aneddoti, di storia della speleologia, sempre con un cordino tra le mani, magari mentre qualcuno ti spiega il nodo pituffo.
Mentre fili le corde nel sacco per il giorno dopo, ti confronti con gli altri corsisti, quelli arrivati con più boria si ridimensionano al secondo giorno, si diventa per forza umili e tutti amici, pur di condividere più conoscenze possibile.

Gli istruttori ti osservano, ti consigliano, ti cazziano (tra i tanti citiamo i 15 minuti di flauta in figura di merda perché dopo le 5 del mattino moooolto alcoliche, non riusciva più a costruire un paranco, Fabrizio Viezzoli testimone), ti danno feedback positivi pazzeschi che ti vien da montarti la testa (ma poi pensi al paranco di cui sopra… e niente).

Insomma: fatelo. Fatelo al momento giusto, non troppo presto, siate autonomi nell’armo e in tutte le manovre, e poi andate. Vi cambia come speleologi, ma anche molto, molto altro.

Tornerete a casa e vedendo il cavo della corrente sbucciato farete un bolina nel doppino, ma pazienza, se ne esce. Penso. Con un bravo psicologo e molta birra 😀

Anna Maria Dalla Valle – Gruppo speleologico Pordenonese