“Quest’impresa si potrà paragonare alla prima salita della Nord dell’Eiger” – dichiara Rok, forse esagerando un po’. Ma ciò che conta è che il morale è alto già sabato mattina, quando siamo tutti pronti a metterci in marcia sotto il diluvio per raggiungere il solito, lontanissimo bivacco. È da un mese che puntiamo a queste date per ritentare la scalata, ma è due settimane che ilmeteo.it promette pioggia. Dopo tante giornate di sole e caldo primaverile, proprio questo weekend doveva tornare l’inverno!? La preoccupazione più grande, però, è un’altra: come saranno le condizioni del ghiaccio nella grotta adesso, durante il disgelo?

Questa volta la squadra è numerosa: Rok, Dejan e Roli salgono in giornata per dare una mano col materiale, Leo sarà regista e cameraman, Sara e io alle luci. Da Brescia vengono, invece, Matteo Rivadossi (meglio noto come il ‘Pota’) e Andrea Tocchini, che saranno validissimi compagni di cordata per Lukič.

La camminata al bivacco fila liscia, molto più del previsto: neve ottima, temperature miti e poca pioggia sono un vero lusso! Ma ho il presentimento che quando le cose filano troppo lisce in partenza…vabbé, speriamo bene.

Domenica è il grande giorno; un pizzico di tensione ci accompagna all’ingresso del pozzo. Mi tranquillizzo presto quando infilo il discensore sotto il primo frazionamento: la corda sembra libera dal ghiaccio, forse i nostri timori erano infondati. Magari! Già all’altezza del secondo fraz mi rendo conto che il ‘paesaggio’ è cambiato: uno strato di ghiaccio trasparente, spesso qualche centimetro, ricopre interamente le pareti del pozzo. Non c’è tempo per contemplare la bellezza di questo fenomeno, adesso comincia il combattimento! Sì, il combattimento per liberare le corde inglobate dai ghiacci.

Man mano che scendo, la situazione si fa più difficile: a malapena riesco a montare il discensore sulle corde incastrate, rese pericolosamente scivolose dall’acqua gelata sulla calza. Con una buona dose di violenza riesco a renderle utilizzabili e proseguo nel nero dell’abisso che scampana sotto di noi. Mi preoccupa ora lo scroscio d’acqua che si sente sempre più vicino: una cascata? Potrebbe essere, maledizione! Del resto, c’è poco da meravigliarsi, considerando che fuori si stanno sciogliendo metri e metri di neve. In effetti, da un grosso strapiombo di ghiaccio sta colando un rivolo, che precipita nel centro del pozzo per centocinquanta metri o poco più. Fortuna vuole che né le calate, né la via di salita siano bagnate da questa spettacolare cascata, la quale si limita a decorare un ambiente già magico e surreale.

Andrea e PotaÈ il momento di attaccare il primo tiro. Parte Lukič, che ormai conosce la via. Scala rapido e sicuro di sé, su una parete ben più clemente della volta scorsa: la temperatura della grotta, infatti, si è alzata rispetto all’altro mese, rendendo il ghiaccio più arrendevole ai colpi di piccozza, nonché decisamente più divertente da scalare. Recuperati i secondi di cordata, riparte sempre Lukič per la prossima lunghezza; aggira elegantemente il tetto che protegge la sosta e procede per una trentina di metri, fino alla successiva nicchia. Ora è il Pota a far da capocordata: con un tiro di 60 metri e un altro di 55, liquida in breve tempo la sezione più dura dell’intera salita. WI6, non c’è dubbio – concorda con i compagni, che lo raggiungono fradici dopo un’inevitabile doccia gelida. Resta un tiro un po’ più facile per portarsi in vista dell’uscita, poi il comando passa di nuovo a Lukič.

lukic e neveLa sesta lunghezza si rivela più critica del previsto, non tanto per le difficoltà tecniche, quanto piuttosto per l’instabilità della neve e del ghiaccio che la ricopre. Spaventosi blocchi compatti sfiorano continuamente i compagni in sosta, i quali non hanno modo di proteggersi, come nel collo di un imbuto. È opportuno spezzare il tiro tramite una sosta intermedia, dove il Pota e Andrea possono tirare un sospiro di sollievo, al riparo mentre Lukič continua il disgaggio. Nel frattempo, fuori si è alzato il vento: una forte raffica spinge una piccola valanga all’interno della grotta. La neve soffice, precipitando dentro il pozzo, si dissolve in una nuvola innocua, che ricopre il nostro scalatore con un velo di polvere candida, mentre egli è alle prese con gli ultimi metri della via. Ancora pochi colpi di picca ed è il primo a rimontare il punto più alto della colata.

Missione compiuta! Si congratulano tutti per il successo sudato. In meno di sei ore, questa fortissima cordata è riuscita nell’apertura di un itinerario unico al mondo. Nessuno, prima d’ora, s’era mai avventurato nelle viscere della terra per cimentarsi in una scalata tanto lunga. Pochi i posti che lo permettono: 280 metri di ghiaccio ininterrotto sono una rarità in qualsiasi abisso naturale della terra. Inoltre, le condizioni estremamente mutevoli e imprevedibili della colata sotterranea, governata da chissà quali equilibri delicati, hanno tenuto la riuscita sempre sul filo del rasoio. “Scarse probabilità di successo” – mi era stato detto. Vero. Ma con una squadra davvero in gamba e un pizzico di fortuna ce l’abbiamo fatta!

Kraft

Foto di Leonardo Comelli