Sempre più gente accorre entusiasta alle uscite in Papè Satàn: persino Giuseppe, un amico marchigiano, viene a dare man forte e a portare un po’ di fortuna. Praticamente l’unico assente è Rocco, che ci manda le maledizioni dall’Albania per non averlo aspettato ancora qualche giorno.

Mentre tutti si affrettano a raggiungere la zona esplorazioni, io me la prendo comoda e mi dedico alle pulizie domestiche. Scavo dei comodi gradini nel ghiaccio, allargo il passaggio nella neve, o ancora martello le strettoie per renderle più agevoli, insomma, mi prendo cura della grotta come fosse una casa.

“Fatemi capire bene – dice Giuseppe in tono meravigliato – siete fermi all’attacco di un pozzo da 40 e non l’avete ancora sceso? Come mai?” Dalle sue parti, la grotta più fonda non arriva a -100, dunque non è familiare col concetto di ‘finire le corde’. Dopo questa piccola parentesi che ci ha ricordato quanto fortunati siamo ad avere dietro casa una zona come il Canin, ci dividiamo in due squadre. Lukič farà una risalita per controllare una finestra, che si rivela soltanto un arrivo. Beccuccio scenderà il pozzo principale, che richiederà un bel po’ di tempo, vista la quantità di pietre da togliere dai terrazzini.

Mentre Lukič ed io proseguiamo con la risalita, sentiamo un urlo dal fondo del pozzo. Un attimo di spavento, poi capiamo che si tratta di un grido di gioia: “Non ci posso credere! Almeno 100 metri! – sentiamo le voci provenienti da sotto. Lasciamo stare la poco promettente arrampicata e raggiungiamo in breve gli altri. “Allora? Cosa succede? Va avanti bene?” Chiedo in giro. E presto giunge conferma che oltre al 40 si apre un bel pozzone.

Difficile scorgere il fondo, nonostante i 1500 lumen delle frontali. Ci dilettiamo a misurare la profondità cronometrando le pietre lanciate, rispolverando le più fantasiose formule di fisica per l’occasione. “Se 5 secondi son 125 metri e il sasso è caduto per 5 secondi e mezzo, considerando la resistenza dell’aria e il tempo che il suono ci mette a risalire il pozzo direi che il salto si aggira attorno ai 130 m”: questo il verdetto finale. Con i 40 m di corda che restano si può far ben poco: la prossima volta sarà il caso di non fare i tirchi col materiale!

“Non vedo motivo di esser pessimisti – conclude Scarno, al termine di un’allegra serata in rifugio. Affermazione che sembra scontata, non resta che sperare sia proprio così.

Alberto Dal Maso (Kraft)

18/08/2016