Quando Fabry ci ha proposto un giro nelle grotte del Corchia, in Toscana, c’è stato subitoDSCN3703 grande entusiasmo, specie fra quelli che c’erano già stati due anni fa. Chiaramente si parla di un giro diverso, più lungo, più impegnativo: questa volta l’idea è di entrare dall’ingresso alto detto ‘del Becco’, scendere fino al fondo e risalire quel tanto che basta per uscire dall’ingresso turistico, per un totale stimato di 22 ore effettive di percorso.

E così ecco che Linus, Fabry, Ale, Luca, Davide e il sottoscritto, il pomeriggio di venerdì 10 maggio, ci incontriamo con gli amici toscani, i quali ci guideranno per i labirintici passaggi di questa estesa cavità (più di 40 km) che loro conoscono come le proprie tasche!

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La sera stessa raggiungiamo l’ingresso, tempo di buttar giù una corda e si parte: fra gallerie e pozzi scavati nel marmo pian piano perdiamo quota, fino a raggiungere in stato comatoso, alle 2 di notte, la famosa ‘tenda rossa’. Lì, dopo esserci cucinati una buona busta Salewa, ci sistemiamo alla bell’e meglio chi dentro, chi nei paraggi della tenda, e passiamo la notte. Per quattro di noi, me compreso, è la prima dormita in grotta, e devo dire che si sta proprio bene, almeno con le temperature relativamente alte di queste zone.

Il mattino seguente, senza la luce solare come riferimento, ci svegliamo piuttosto tardi, ben riposati e pronti a proseguire. Attraverso meandri, strettoie e pozzi con un insolito intenso stillicidio giungiamo al salone Manaresi. Qui incontriamo altri speleo impegnati in una diversa traversata classica della zona, con cui abbiamo in comune gli ultimi pozzi. Purtroppo uno di loro ha un’attacco di epilessia, quindi bisogna dare la precedenza ai soccorsi. A questo punto, nella confusione generale, ci dividiamo: Fabry e Linus vanno a dare una mano nelle manovre, noi quattro invece, nonostante il contrattempo che ci ha portato via qualche ora, siamo ancora intenzionati a raggiungere il fondo. Così salutiamo i toscani, che ci danno le ultime indicazioni su come non sbagliare strada, ed eccoci finalmente fuori dalla mischia, questa volta solo in quattro. Come nelle nostre avventure in Carso, ci troviamo a seguire un fiumiciattolo sotterraneo con un rilievo poco dettagliato e qualche indicazione di cui ricordiamo vagamente sì e no metà!

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Man mano che scendiamo tra cascate e laghetti, percorrendo meravigliosi passaggi scavati dall’erosione nella roccia viva, notiamo che la portata d’acqua aumenta, merito dei numerosi affluenti. In breve ci troviamo a procedere a fianco di un vero e proprio torrente, il cui rombo sovrasta di gran lunga le nostre voci. Infine raggiungiamo una saletta oltre la quale sarebbe improponibile proseguire senza bagnarsi; dal rilievo ci sembra sufficientemente vicina al fondo per poterci dichiarare soddisfatti, quindi tempo di un paio di foto di rito e facciamo dietrofront.

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La risalita si presenta dapprima lunga e faticosa, in particolare il povero Ale si mostra seriamente preoccupato dal lungo tiro sul pozzo ‘a L’:

– Se proprio non ce la faccio, potremmo…

– Sentiamo, Ale, che idea ti è venuta?

– Ma no, no, la tengo come ultima possibilità

– No, dai, dicci un po’ cos’hai pensato

– Se son troppo stanco potreste… tirarmi su con un paranco…

– Ha ha, come no! Scordatelo!

Ma dopo una breve sosta, rinvigoriti dall’ormai tradizionale bombardino (eh sì, siamo ben attrezzati!), torna l’euforia, e anche questo ostacolo si rivela per tutti meno traumatico del previsto. Infatti, nel giro di poche ore ci ritroviamo nel ramo turistico, dove tiriamo fuori i sacchi a pelo e trascorriamo la seconda notte.

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La mattina seguente facciamo colazione sotto gli occhi curiosi di un gruppetto di scout, che ci guardano come fossimo dei barboni: bisogna ammettere che avevano le loro buone ragioni! Dopodiché seguiamo comodamente le passerelle fino all’uscita. Ad attenderci vi è un cielo nuvoloso, che però, dopo quasi 40 ore trascorse al lume delle sole frontali, ci appare come una luce accecante. Finalmente ci possiamo spogliare dei vestiti infangati e sistemare tutto alla rinfusa nel furgone di Luca, pronti per il viaggio di ritorno a Trieste.

Questo giro, oltre che una bellissima esperienza di per sé, è stato per noi quattro una sorta di test, per valutare principalmente le nostre capacità di resistenza e durata in grotta. Sebbene l’ambiente in Corchia sia meno severo che in altre zone, ci siamo fatti un -1100! D’accordo, abbiamo risalito solo i 400 metri per raggiungere l’ingresso basso (massimo disonore!), ma avendo un pizzico di stupidità in più, l’idea di farci l’intera risalita non ci sembrava poi così improponibile…

Kraft